domenica 31 agosto 2008

Quanto è importante il titolo di un fumetto?


Difficile dirlo, vero? Eppure è ciò che mi chiedo ogni volta che devo dare un titolo ad una storia. Ciò che mi viene in mente di più banale è: ma se "Hellboy" non si fosse chiamato "Hellboy" ma che so, "Red Devil" quanti oggi lo conoscerebbero? Se "V for Vendetta si fosse chiamato magari solo "Vendetta" o chissà come, o se "Sin City" non si fosse chiamato così avrebbero avuto lo stesso interesse da parte del pubblico?


Insignificanti o meno, importanti o essenziali che si ritengano, per ragioni di assonanza con altri titoli, di pronuncia o di gusto personale, talvolta i titoli scelti dagli autori vengono modificati. Ma, per esempio, se "The Spirit" di Eisner si fosse chiamato solo "Spirit" non sarebbe cambiato molto, è vero, ma se "Il Gioco" di Manara si fosse chiamato, che ne so, "La perversione della scatolina magica", secondo voi sarebbe stato lo stesso?


Veniamo al dunque, mi piacerebbe chiamare la storia che sto disegnando (sono a tavola 88), "Gli Angeli Cadono per Primi", da una canzone che mi ha ispirato questa storia che è "Angels Fall First" dei Nightwish. Chiamarlo col nome inglese non mi sembra una buona idea, potrebbe appunto sembrare una sorta di plagio. In italiano non suona male, se non fosse, come mi è stato già detto, che sembra un pò "Anche gli Angeli Mangiano Fagioli", noto film di Enzo Barboni con Bud Spencer! Mi sovviene dunque un dilemma, se così posso permettermi di chiamarlo. Ho davvero tanto tempo per decidere un titolo più adatto al mio fumetto, però non vorrei rinunciare al legame del titolo con l'origine dell'ispirazione della storia.


Cosa mi consigliereste? Lascio o raddoppio?

mercoledì 20 agosto 2008

Caravaggio e Pazienza ad Avellino


Stavo sparandomi un aerosol di cortisone di cucina guardando la tv questa mattina quando tra le varie notizie di guerra in Georgia e irrigidimenti nei controlli sugli automobilisti spunta fuori una di quelle notizie che ti cambia la giornata. Ebbene, il comune di Avellino, in occasione dei festeggiamenti per Ferragosto ha organizzato una mostra alla Casina del Principe, situata in Corso Umberto I (recentemente restaurata) di opere "virtuali" di Michelangelo Merisi (detto Caravaggio dal paesino natio in provincia di Milano. Questo genere di mostra, che vede non gli originali, bensì delle riproduzioni fedelissime in scala 1:1, è una di quelle "Mostre Impossibili" che si sono verificate negli ultimi anni già a New York, Shangai, Londra, Napoli e Parigi. L'impossibilità della mostra consiste semplicemente nel fatto che raccoglie tutte le opere dell'artista che sono invece sparse in varie collezioni pubbliche e private, e permette di ammirarle tutte insieme in un unico ambiente. Ma nelle stanze attigue le opere del Merisi si trova una magnifica esposizione di disegni di Andrea Pazienza, il noto grande fumettista scomparso prematuramente che ha rivoluzionato il mondo del fumetto ed influenzato generazioni di autori successivi, considerato il poeta narrante lo smarrimento della generazione degli anni '70. In mostra vi sono 15 suoi quadri, pubblicazioni inedite tra le quali gli schizzi di "L'ulcera" (nella foto) disegnato nel 1973. Durante la mostra sarebbe dovuto venire proiettato il film "Paz" ma che infine non è stato inserito poichè vietato ai minori (chissà poi perchè). La mostra è iniziata il 1° agosto e si protrarrà fino al 31.


L'importanza di questa notizia, oltre che indubbiamente sul piano artistico, ha a mio avviso un grande valore rivalutativo riguardo il fumetto in Italia. Esporre un fumettista insieme ad uno dei più grandi artisti di tutti i tempi vuol dire che si stanno muovendo i primi passi verso una valorizzazione più sentita dell'arte sequenziale (così definita da Will Eisner) che nel nostro paese risultava a mio avviso ampiamente necessaria. Qui si parla di Cultura, di Arte, di Fumetto. E se ne parla finalmente come una cosa sola! Molto fumettisti di varie generazioni sono rimasti sospesi nel dubbio se definire o no il proprio lavoro propriamente con la parola Arte, poichè quando si pensa ad essa si è soliti credere che si tratti di una manifestazione libera da canoni e schemi. Ma da insegnante di Storia dell'Arte posso tranquillamente smentire questa diceria maldestra, della quale ammetto ero convinta in parte anch'io anni fa. L'arte nel tempo ha subito migliaia e migliaia di influenze ed è sempre stata legata a canoni di committenza, linguaggi allegorici, iconologici, iconografici, filologici. Dall'impressionismo alle avanguardie, ogni corrente possedeva dei codici e dei canoni che permettevano ad un artista di rientrare in un determinato genere artistico. Persino la generazione dell'arte contemporanea nella sua rivoluzione totale ha seguito degli schemi, ovvero quelli dello sconvolgimento, della denuncia sociale, dello stupore ad ogni costo. L'arte è una libera espressione, e questo non è messo in dubbio, ma le preferenze, i gusti, le influenze di un artista influiscono sensibilmente sul lavoro finale e inconsapevolmente costruisce uno schema personale nel quale si trova a proprio agio.


Il fumetto è indubbiamente una libera espressione che come l'arte ha i suoi schemi, le sue scuole, i suoi linguaggi e le sue tecniche. In base alla conoscenza e alla combinazione di questi è possibile creare un proprio stile che permette di essere distinguibili e, si spera, apprezzabili. La strada per una rivalutazione a tuttotondo della nona arte è ancora lunga si sa, però non è assolutamente irragiugibile. Bisogna solo crederci un pizzico di più!

venerdì 15 agosto 2008

Si apre questo blog...


...ed eccomi qui. Ho aperto questo blog per parlare esclusivamente dell'ultimo lavoro che sto cercando, tra il lavoro, lo studio e i concerti, di portare avanti da parecchio tempo. Considerato che ci son stata 7 anni per produrne una stesura della storia completa soddisfacente, non ho davvero idea di quanto tempo ci vorrà prima di completarne anche le tavole.


Inizialmente ho preso di petto l'impresa e desideravo fare il lavoro interamente a colori. Dopo la tesi che mi ha vista impegnata in 124 tavole a colori ero convinta di poter fare quasi l'impossibile. Dopo aver steso la sceneggia ho impiegato buoni 3 mesi per completare lo storyboard, che preventivava un lavoro di ben 270 tavole. Per mia fortuna 270 pagine sono divisibili eventualmente benissimo in 3 volumi da 90 pagine. Ho iniziato a disegnare le tavole in marzo su fogli da 300 gr per tecnica mista semiruvidi, ma rendendomi conto, alle quasi 40 tavole disegnate, che effettivamente era un lavoro dalla mole considerevole ed il tempo in quel momento mi mancava come acqua nel deserto, ho ricopiato le tavole disegnate su fogli lisci da 150 gr (Dio benedica il giorno che mi son regalata un tavolo luminoso!). Non ho boicottato l'ipotesi del colore, ma mi rendo conto che un lavoro del genere a colori potrebbe richiedere veramente troppo tempo e rischierei di mettermi fretta e non produrre un buon lavoro.


A tal proposito devo considerare quanto sia cambiato il mio modo di disegnare e di valutare il mio lavoro. Rispetto a Romanticide che è una storia molto tirata in fretta, con considerevoli errori anatomici e strutturali, ho deciso di cambiare completamente rotta. Ho iniziato a fare degli studi di disegno più seri, ho studiato dei libri per imparare a disegnare qualsiasi oggetto in maniera credibile mediante osservazione ed esercizio costante. Ho iniziato ad usare la micromina dura su consiglio di Ivo e adesso il mio disegno ne risulta notevolmente migliorato ma soprattutto più credibile rispetto prima. Adesso per disegnare una tavola talvolta impiego anche dei giorni, per riuscire ad ottenere il risultato che desidero nella maniera migliore. Anche se ho dedicato meno tempo ultimamente al disegno per studiare per gli esami, sto comunque portando avanti il progetto. Adesso sto disegnando tavola 84. Ho deciso di adottare un metodo di disegno più indiretto. Prima disegno la tavola su un qualsiasi foglio A4 da stampante, lo maltratto parecchio, disegno cancello, ridisegno ricancello mille volte. Dopodichè con una micromina ancora più dura vado a ricalcare la tavola sul foglio che poi vedrà la china.


A questo proposito son tormentatissima dal tipo di china da utilizzare per dare vita alle tavole. Ad una mostra a Lucca in Maggio sui fumettisti italiani protagonisti del West ho potuto ammirare da vicino le tavole del maestro Dino Battaglia, che mi hanno lasciata letteralmente a bocca aperta. Ultimamente vorrei avvicinare il mio stile narrativo molto a quelle atmosfere potentissime che con abili spugnature ed effetti grafico-narrativo apparentemente semplici lui riusciva a rendere in maniera magistrale. Un altro autore che mi ha suggestionata moltissimo è Tim Sale col suo Devil Giallo, che ho finalmente comprato dopo avergli fatto la corte per anni. Sia per quel che riguarda i piani, la cura dei dettagli e lo stile grafico, è un autore che ammiro molto, insieme ovviamente all'immancabile Carmine di Giandomenico, il cui stile grafico rappresenta per me fonte di grande ispirazione e ammirazione.


Narrativamente sto comunque utilizzando lo stesso impianto narrativo della mia tesi "Coma", che ho visto coinvolgere molto il lettore, ovvero una composizione di vignette strette lunghe e orizzontali che attraversano la tavola, molto cinematografiche alternate da alcuni splashpage. Ho potuto notare come questo sia uno stile utilizzato anche da alcuni fumettisti americani con ad esempio Jay Lee, un autore che apprezzo parecchio. Questo comporta forse una particolare dilatazione della storia, però in tutta sincerità io detesto le storie che si consumano troppo in fretta in microvignette sbrigative. Vorrei che la mia storia respirasse in tutte le sue atmosfere. Tengo molto a questo fumetto, ho realizzato moltissimi schizzi preparatori, studi di ambienti e personaggi molto dettagliati e con svariate tecniche (pantoni, ecoline, acquerelli, pastelli...). Sto ancora tribolando per decidere lo stile di china migliore da utilizzare!


Per adesso...le porte del paradiso si socchiudono sulle mie speranze di arrivare salva alla meta!